mercoledì 22 febbraio 2012

PGT - Trasformazioni antistoriche del territorio?

Ho ricevuto un commento ad un post e colgo l'occasione per pubblicare un approfondimento in merito alla modifica che la nuova giunta Pisapia ha introdotto al PGT di Milano.
La attribuzione di edificabilità alle aree agricole e la loro perequazione.
Se ne parla sul blog Arcipelagomilano, settimanale milanese (on-line) di politica e cultura.

"Come in quasi tutti i nuovi Piani di Governo del Territorio, anche il Comune di Milano ha rinunciato alle zone di espansione sul verde agricolo, che erano state la caratteristica dei piani regolatori del ‘53 e dell’80. Questa rinuncia al consumo di territorio c’era già nella versione Moratti, dove le cubature prodotte dal Parco Sud erano da trasferire nel centro abitato, ma il Parco Agricolo non era toccato, anzi, grazie alla perequazione queste aree sarebbero passate gratuitamente al demanio comunale per la realizzazioni dei Parchi di Cintura Urbana, per realizzare i quali si dovrà ora passare per l’esproprio.
Fatta però la condivisibile scelta del contenimento delle espansioni, è chiaro che lo sviluppo edilizio si dovrà concentrare sul recupero e l’ammodernamento degli edifici esistenti, sull’utilizzo delle aree industriali dismesse, sugli scali ferroviari e sul ridisegno urbanistico delle zone più degradate, cioè sulla città costruita. Dovendo lavorare su di questa, diventano essenziali due nuovi concetti che il PGT propone: la conferma delle volumetrie esistenti e la liberalizzazione delle destinazioni d’uso.
Nel vecchio PRG dell’80 in caso di demolizione e ricostruzione veniva perso il volume eccedente l’indice fondiario assegnato dalle Norme Tecniche di Attuazione e le destinazioni erano quelle previste dalla Zonizzazione di Piano. È con sorpresa quindi che, nelle proposte per modificare il PGT adottato e date le premesse di cui sopra, notiamo che non tutti i cambi di destinazione potranno mantenere il volume esistente. Infatti il passaggio dalla destinazione industria/laboratori a quella residenziale sarà penalizzata. E questo cambio di destinazione sarà la scelta prevalente degli operatori perché il mercato, oggi, richiede residenza, commerciale, terziario ma non più industria e laboratori.
Questa scelta di privilegiare destinazioni senza mercato era già stata fatta nel PRG dell’80 quando, ormai imperante la terziarizzazione, erano state previste enormi aree destinate a industria e microscopiche aree destinate al solo terziario amministrativo (inteso come enti pubblici). Così, siccome i grandi mutamenti economici o li si prevedono o non si riesce a fermarli, cominciò la terziarizzazione abusiva, (poi condonata), di interi quartieri residenziali della città, ma le aree industriali rimasero vuote, o riempite di attività poco pregiate e comunque in contrasto di Piano (sfasciacarrozze o depositi di materiale poco pregiato). Più tardi, in seguito a un accordo tra un operatore edilizio e il Comune, si permise di costruire sulle aree industriali solo la componente terziaria che grazie ad accomodanti interpretazioni, costituiva il 50% del volume costruibile e che segnò il territorio milanese di gruppi di torri vetrate di bassa qualità architettonica e qualitativa, senza razionali collegamenti con la città operativa, al punto da restare per anni vuote e non utilizzate.
Anche nello sviluppo dei Piani di Recupero legati ai PIO (Piani di Inquadramento Operativo) obbligatori nello sviluppo delle zone B2, l’Amministrazione Comunale impose agli operatori massicce dosi di laboratori o depositi non giustificate da indagini di mercato, che a volte misero in dubbio la fattibilità degli interventi. È da queste imposizioni irragionevoli, che prese piede poi la trasformazione abusiva di questi laboratori in “loft”, uffici o destinazioni commerciali, per poter completare i Piani di Recupero. E questa procedura, anche se non conforme alle Convenzioni stipulate in ogni Piano, rese comunque più accettabile il disegno urbano di queste zone della città.
Nonostante tutto ciò abbia procurato preoccupazioni agli imprenditori e una irreversibile bassa qualità del disegno urbano, nel nuovo PGT sembra si voglia riproporre la difesa di una destinazione che nessuno più richiede in città. Difesa che comunque non è negata, perché la liberalizzazione delle destinazioni d’uso dà anche la possibilità, per chi vuole, di realizzare industrie o laboratori.
Se si guarda Milano dall’alto si vedrà che tutti i Comuni limitrofi alla città si sono dotati di grandi aree industriali spaziose e ben collegate alle infrastrutture autostradali. Gli operatori di queste aree sono usciti in gran parte da Milano, nonostante le ampie zone industriali previste dal PRG, attirati dai prezzi più convenienti delle aree, dall’atteggiamento più amichevole delle strutture politiche e amministrative dei piccoli Comuni, dalla ridotta conflittualità con le residenze confinanti e dalla più facile movimentazione delle merci dovuta appunto alla vicinanza di grandi infrastrutture.
Per trovare una conferma della importanza della libertà di destinazione d’uso, bisogna fare anche una riflessione storica sullo sviluppo delle città europee, dove le costruzioni esistenti sono stati dei contenitori che durante l’ultimo secolo hanno cambiato destinazione molte volte, seguendo la linea di sviluppo dettata dai grandi avvenimenti storici: l’industrializzazione, la fine delle monarchie, la formazione delle democrazie, l’intrusione delle dittature, le guerre, la nascita del terziario e lo sviluppo del commercio. Forse solo le birrerie tedesche sono ancora al loro posto e nello stesso edificio, a volte ricostruito identico dopo la distruzione causata dalle guerre, ed è stato così anche per le chiese. Ma per il resto tutto è cambiato, le città si sono generosamente offerte, con la trasformazione d’uso dei suoi edifici, alla evoluzione della società.
Chiedere oggi a Milano, città che è rimasta indietro nel suo adeguamento rispetto a tutte le città europee, la protezione di alcune destinazioni come laboratori e industria è veramente antistorico
", scrive Gianni Zenoni e come non condividere questo punto di vista?

La situazione è molto più complessa in quanto afferisce ad una realtà socio-economica che muta e "la città", sebbene costituita da elementi immobili, si presenta con una dinamica, se volgiamo lenta, che segue le trasformazioni sociali.
E con queste bisogna fare i conti.
Il Documento di Piano fonda sulle indagini conoscitive le linee programmatiche di futuro governo del territorio.

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