mercoledì 19 ottobre 2011

Court de Pecc, o dei pecc..ati?



Il pozzo di Cascina De' Capitani D'Arzago

Una querelle improntata tutta tra localismo e il vernacolare.
Con stupore su Il Giorno di oggi trovo un paginone su Paderno D. che fa da eco alle proteste dell'opposizione sulle sorti di una cascina storica padernese.
Si tratta di un Piano di Recupero, che non è stato portato in Consiglio Comunale (di qui la diatriba sul confronto con la città), in aderenza però alle disposizioni legislative vigenti (LR12/05) che delegano la Giunta Comunale alla approvazione di questi piani.
Ho pensato subito ad alcune osservazioni lette sul Blog di C. Arcari, che manifestava le critiche sull'intervento espresse anche dall'ex sindaco Massetti, e rileggendo quel testo mi ha in effetti lasciato perplesso il fatto che in "tre commissioni consiliari territorio quasi tutti i componenti, compresi esponenti della PDL, avevano espresso parere non positivo sul progetto" e che i componenti di tali commissioni avessero chiesto all'Assessore all'Urbanistica di formulare proposte diverse.
Certo dal punto di vista della collettività la "proposta Massetti", non esclusivamente per le destinazioni residenziali, ma con l'inserimento di altre attività come "laboratori per artigianato locale e di pregio per i giovani, in collaborazione con l'AC, e l'aia in uso al pubblico per manifestazioni socio-culturali" era decisamente più articolata, dinamica, insomma interessante.

E trovo in rete, un commento su un'altra cascina di Paderno, la Cascina Glucosio.
"Un caso esemplare, paradigma della trasformazione della vita economica e della rifunzionalizzazione della corte, è la Cascina Glucosio a Paderno (costruita tra il 1855 e il 1897), la cui parte nord e le ali parallele alla strada costituivano la cascina vera e propria, mentre il corpo meridionale era sede di una fabbrica per la lavorazione dello zucchero. La cascina divenne progressivamente una residenza operaia che ospitava i lavoratori dello zuccherificio e delle altre fabbriche locali" (le storie di MUVI), insomma è il caso di una cascina che si trasforma in una icona neo-realista, luoghi di vita e lavoro, non case borghesi ma luride, con le latrine sul ballatoio, vere testimonianze di una vita che era così, dura, sporca e per gente semplice, per gli operai dello zuccherificio, che hanno provocato loro stessi una sorta di "cambio d'uso", di rifunzionalizzazione della Cascina stessa.

La Cascina De' Capitani D'Arzago ha un aspetto molto più siginificativo sotto il profilo architettonico di altre del nostro territorio e questo la rendeva effettivamente meritevole di uno studio più approfondito, non solo scenografico, tantomeno oggeto di trasformazione per i pochi che la godranno andandovi ad abitare.

Ma di trasformazioni anche più gravose se ne sono viste ovunque, soprattutto nei Piani di Recupero dove si pratica anche la totale demolizione dei corpi di fabbrica originali per ricostruirli ex-novo e come ci sono state in passato, ci saranno sempre, perchè nonostante i beni in questione si chiamino "immobili" le società in cui si collocano sono molto più "mobili" di quello che pensiamo.
Traggo per ora dall'articolo su Il Giorno di oggi, 19 ottobre, un commento dell'assessore all'urbanistica: "Nella vecchia parte residenziale ci sarà un restauro conservativo per farla tornare agli antichi splendori. Verranno demoliti fienili per realizzare i garage interrati - in modo che non gravitino sulla città - ma saranno ricostruiti con lo stesso materiale".
Non per questo ritengo sia necessario stracciarsi le vesti per un progetto che ai più non è noto e magari rappresenterà anche la valorizzazione della struttura originale, visto il parere favorevole della Soprintendenza, certo le funzioni solo residenziali sono molto discutibili, ma chi è il proprietario dell'immobile, la Amministrazione Comunale?

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